mercoledì 30 giugno 2010

Il nostro eroe è un maiale

Sì, sì, un maiale, porco, verro, cochon. Un suino, insomma.
Non dico altro.

Metto l'incipit originale:

Je suis seul maintenant et tout laisse à penser qu'il en ira ainsi jusqu'à la fin. Laquelle ne saurait tarder, je le sens. Mais je ne m'en plains pas. D'ailleurs, quel motif aurais-je de me plaindre ? Pour peu enviable qu'il m'apparaisse, mon sort est-il des moins partagé ? Je dois bien l'avouer, les comparaisons dans ce domaine ont toujours tourné à ma confusion. Et j'en connais quelques-uns - et jusque chez les humains - qui s'accommoderaient fort de ma situation.
L'endroit que j'occupe suffit à mes besoins comme à la satisfaction de mes désirs. Je ne saurais dire si la longueur du local l'emporte sur sa largeur, ou vice versa. Mais il me plaît d'imaginer que la largeur ne le cède en rien à la longueur. Je ne sais pourquoi, l'idée d'exercer ma liberté à l'intérieur d'un carré m'est d'un précieux réconfort.
 Soit donc un carré de deux mètres de côté environ. Soit, en d'autres termes, un carré de quatre mètres carrés (environ). Surface non corrigée s'entend, c'est-à-dire non amputée de la surface de l'auge.

e di seguito la mia traduzione:
Sono solo adesso e tutto lascia ritenere che così sarà fino alla fine. La quale non dovrebbe tardare, lo sento. Ma non mi lamento. D'altronde, che motivo avrei di lamentarmi? Per poco invidiabile che possa apparirmi, il mio destino è forse dei meno condivisi? Lo debbo confessare, i paragoni in questo campo hanno sempre contribuito ad accrescere la mia confusione. E ne conosco alcuni - e persino presso gli umani - che facilmente accetterebbero la mia situazione.
Il posto che occupo basta ai miei bisogni come alla soddisfazione dei miei desideri. Non saprei dire se la lunghezza del locale abbia la meglio sulla larghezza o viceversa. Mi piace però immaginare che la larghezza nulla conceda alla lunghezza. Non so perché, ma l'idea di esercitare la mia libertà all'interno di un quadrato mi è preziosamente confortevole.
Sia dato dunque un quadrato di circa due metri di lato. Sia dato, in altri termini, un quadrato di (circa) quattro metri quadri. Superficie non corretta s'intende, cioè non amputata della superficie occupata dal trogolo.  

Compiti del traduttore:

1. Leggere tutto il testo
2. Prendere nota se arriva subito la parola giusta o la tournure, l'espressione, migliore in mente durante la lettura. Le parole a volta corrono dalla mente alle labbra così in fretta che se non le si ferma non ripassano più.
3. Documentarsi (triste cosa, ve ne accorgerete) sui termini legati alla vita quotidiana di un maiale nonché alla sua morte (come in questo caso).
4. Mantenere lo stile dell'autore. In questo caso, sempre più alto e razionale a far da contrasto al soggetto che enuncia le considerazioni (evocherà anche Kant), cioè un porco.

L'autore è morto suicida. Lo propongo in traduzione.

lunedì 28 giugno 2010

Com'è difficile (per me) tradurre una poesia di Louis Aragon

Tradurre poesie dal francese all'italiano e viceversa, rischia sempre di rivelarsi una fatica improba, quanto inutile. Penso a Baudelaire e per quante traduzioni delle sue magnifiche Fleurs du Mal abbia letto, non ve n'è alcuna che (mi) soddisfi. 
Il traduttore c'entra poco o niente, Baudelaire non è traducibile come vorremmo. Lo stesso dicasi per Leopardi: quello che ritrovo francesizzato è orripilante, davvero. Un poeta minore, si direbbe. 
Il fatto è che le nostre lingue (ognuna definisce l'altra, vicendevolmente, transalpina) si assomigliano nei significati  quanto differiscono nelle sonorità.
Il risultato fedele è come stonato (cosa che non accade tra italiano e spagnolo, ove la musicalità delle due lingue è sempre salva). 
Sì, stonato. Ne vien fuori un compitino, la poesiola di un ragazzino delle medie. Nemmeno a tentar di mettere la cosa in rima (come è la lirica nella versione originale). Macché, non serve.
E per quanto mi riguarda, stavolta non posso proprio farci niente. 


Eccone un esempio, la poesia di Louis Aragon, Il n'y a pas d'amour heureux (1943), messa in musica* (e perciò celeberrima) da Georges Brassens, cantata da Léo Ferré e poi da Barbara, Françoise Hardy e tanti altri.

Versione originale
Rien n'est jamais acquis à l'homme Ni sa force
Ni sa faiblesse ni son coeur Et quand il croit
Ouvrir ses bras son ombre est celle d'une croix
Et quand il croit serrer son bonheur il le broie
Sa vie est un étrange et douloureux divorce
          Il n'y a pas d'amour heureux
Sa vie Elle ressemble à ces soldats sans armes
Qu'on avait habillés pour un autre destin
A quoi peut leur servir de se lever matin
Eux qu'on retrouve au soir désoeuvrés incertains
Dites ces mots Ma vie Et retenez vos larmes
          Il n'y a pas d'amour heureux
Mon bel amour mon cher amour ma déchirure
Je te porte dans moi comme un oiseau blessé
Et ceux-là sans savoir nous regardent passer
Répétant après moi les mots que j'ai tressés
Et qui pour tes grands yeux tout aussitôt moururent
          Il n'y a pas d'amour heureux
Le temps d'apprendre à vivre il est déjà trop tard
Que pleurent dans la nuit nos coeurs à l'unisson
Ce qu'il faut de malheur pour la moindre chanson
Ce qu'il faut de regrets pour payer un frisson
Ce qu'il faut de sanglots pour un air de guitare
          Il n'y a pas d'amour heureux
Il n'y a pas d'amour qui ne soit à douleur
Il n'y a pas d'amour dont on ne soit meurtri
Il n'y a pas d'amour dont on ne soit flétri
Et pas plus que de toi l'amour de la patrie
Il n'y a pas d'amour qui ne vive de pleurs
          Il n'y a pas d'amour heureux
          Mais c'est notre amour à tous les deux
Louis Aragon (La Diane Francaise, Seghers 1944)


Mia versione

Nulla è mai acquisito per l'uomo Né forza
né debolezza e neppure il suo cuore Quando crede
di aprire le braccia, l'ombra si profila di una croce
E quando crede di avere in pugno la felicità, la tritura
La sua vita è uno strano e doloroso divorzio
non c'è felice amor
La sua vita assomiglia a quei soldati senz'armi
per altro destino bardati
a cosa mai può loro servir di alzarzi presto al mattino
se poi li ritroviamo a sera sfaccendati indecisi
dite queste parole la vita mia e trattenete le lacrime 
non c'è felice amor
Mio bell'amore mio caro amore mia piaga
Ti porto dentro di me come un uccello ferito
E quelli senza sapere ci guardano passare
ripetendo dietro di me le parole che intrecciai
e che per i tuoi occhioni subito morirono 
non c'è felice amor
Il tempo di imparare a vivere ed è  troppo tardi
che già piangono nella notte i nostri cuori all'unisono
quanta infelicità per una canzonetta
quanti rimpianti per pagarsi un brivido
quanti pianti per un'aria di chitarra
non c'è felice amor
non esiste amore che non sia destinato al dolore
non esiste amore  che non ci abbia feriti
non esiste amore che non ci abbia spiegazzati
e al pari dell'amor di patria
non esiste amore che non viva di lacrime
non c'è felice amor
ma c'è l'amore nostro, di noi due



tratta da : Louis Aragon, La Diane Française (Paris, Seghers, 1944)

Mi piace la traduzione di Marco Costanzo (clicca qui)

Françoise Hardy canta la poesia di Louis Aragon
 
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* Ho scritto «messa in musica» invece di  «musicata».

A me la traduzione delle poesie in forma di parafrasi non piace

Fatta subito la dichiarazone - par acquit de conscience - , passo a dire quel che voglio dire.

Quel che dico nel titolo di questo post mi pare evidente:

  • se la poesia da tradurre è versificata (rime e versi - chessò, deca o dodecasillabi, se francesi) non mi basta restituire il senso. Voglio dare anche il ritmo. Lo so, lo so: non sarà mai (o assai difficilmente) il ritmo della lirica di origine (non ci riesco neppure quando mi autotraduco), ma mi pare una bella cosa dare un ritmo, una dinamicità poetica anche nella lingua d'arrivo; 

  • se la poesia da tradurre è a versi liberi, a che mi serve la parafrasi?

Per rendere tutto più chiaro, prendo qui un poema (niente di eccezionale, anche se il risultato sarà minore non offenderò la Poesia) francese di Anna de Noailles. Dopodiché:

  1. metto la lirica nella versione originale 
  2. metto una parafrasi della poesia in italiano
  3. metto una mia proposta di traduzione in rima (non rispetto però la lunghezza dei versi) in italiano

 

1. Un coeur lent et sans colère

(Poème d'amour)

J'ai travesti, pour te complaire,
Ma véhémence et mon émoi
En un c
œur lent et sans colère.

Mais ce qui m'importe le plus
Depuis l'instant où tu m'as plu,
C'est d'être un jour lasse de toi !

- Je perds mon appui et mon aide,
Tant tu me hantes et m'obsèdes
Et me deviens essentiel !

Je ne vois la vie et le ciel
Qu'à travers le vitrail léger
Qu'est ton nuage passager.

- Je souffre, et mon esprit me blâme,
Je hais ce harassant désir !
Car il est naturel à l'âme
De vivre seule et d'en jouir...

RIMA: ABA CCB DDE EFF GHGH



2. Un cuore lento e senza collera (parafrasi)

Ho camuffato per compiacerti
Veemenza e furia
In un cuore lento e senza collera
Ma quel che per me più conta
Dall’istante in cui mi sei piaciuto
È d’esser stanca di te un giorno!
Perdo sostegno e aiuto
Per quanto mi assilli e mi ossessioni
E diventi  essenziale
Vedo la vita e il cielo
Solo attraverso la vetrata leggera
Che è la tua nuvola passeggera.
Soffro e la mente mi rimprovera
Odio questo sfibrante desiderio!
Poiché è proprio dell’anima
Viver sola e rallegrarsene.


3. Un cuore lento e senza fiato (traduzione rimata)

Per compiacerti ho trasformato   A
Impeto e movimento    B
In un cuore lento e senza fiato   A

Ma quel che per me più conta   C
Dacché mi piacesti è l’esser pronta   C
A stancarmi di te un bel momento   B

Perdo soccorsi e speroni   D
Per quanto mi assilli e mi ossessioni   D
E diventi  mio fondamento     E
Vedo la vita e il firmamento E
Solo attraverso la vetrata leggera   F
Che è la tua nuvola passeggera.   F

Soffro e la mente mi biasima   G
Odio cotal sfibrante desiderio!  H
Poiché è proprio dell’anima   G
Viver sola e goderne sul serio.  H

RIMA: ABA CCB DDE EFF GHGH

Jacqueline Spaccini

P.S. Ora si tratterebbe di stabilire qual è - delle due - la miglior forma. Moi, j'ai pris mon parti.


Lettera a una traduttrice in fieri



Questo messaggio, inviato a una ex-studentessa dopo una sua prima traduzione da professionista, lo rivolgo idealmente a tutti coloro che "da grandi" vogliano fare i traduttori.




C
ara T****,

Non ricordo se tu fossi presente al discorsetto che faccio ogni anno al corso di traduzione. Se sì, ti tocca risentirlo (cioè, leggerlo ora).
Due sono i modi di affrontare la traduzione, tre i risultati.

Il primo modo (piano A) privilegia la langue cible, la lingua d'arrivo. Privilegia il lettore, che non avrà mai l'impressione di leggere un testo tradotto. Io la chiamo la strategia dell'autostrada a 180 orari.

Il secondo modo (piano B) privilegia la langue source (o sourcière - come va di moda dire oggi - e non a caso si crea la paronimia: sourcière-sorcière). Il lettore sentirà che c'è un'asperità nel testo, che qualcosa non torna, avverte sempre una fragranza straniera. Io la chiamo la strategia della cunetta o dosso.

Ma ho scritto che i risultati sono tre. Perché nella realtà è assai difficile mettere a punto una sola delle due strategie, seguire una sola delle due strade.

Il traduttore accorto (avisé), si rende infatti ben presto conto che se attua solo il piano A, la lingua di origine sarà depauperata, un po' appiattita, banalizzata; se attua solo il piano B ne uscirà un italiano desueto e a tratti ostico, comunque non un bell'italiano. Sicché il povero onesto traduttore cerca di arrabbattarsi e prende un po' di qua e un po' di là, cercando di non tradire troppo, impegnandosi a restituire nella sua lingua quell'altra, di lingua.

Nel corso del terzo anno, faccio sempre fare una traduzione a contario: per esempio, prendo un brano di Tabucchi tradotto in francese e lo faccio ri-tradurre in italiano. Poi faccio mettere a confronto il migliore risultato con l'originale. Quanto più si assomigliano, tanto più bravo sarà stato il traduttore francese (e se - nel caso di Tabucchi - è lo svizzero Bernard Comment, è bravissimo).

Tutta questa lunga premessa per dirti - dopo aver letta questa tua prima prova - che, a pelle, io sono un traduttore da cunetta (o dosso) e tu da autostrada.

E ora in bocca al lupo per quella che forse sarà la tua carriera. È quel che ti auguro.

La tua (ex-) prof.

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