mercoledì 30 novembre 2011

Tradurre l'incipit del CANDIDE di Voltaire


 TRADUZIONE DELL'INCIPIT DI CANDIDO DI VOLTAIRE.

 
V’era in Vestfalia, nel castello del barone di Thunder-ten-tronckh, un giovincello al quale la natura aveva dato i costumi più miti. La fisionomia ne annunciava l’anima. Aveva un discernimento abbastanza retto con l’animo più semplice; è – credo – per questo motivo che si chiamava Candido. Gli anziani domestici della casa sospettavano che fosse il figlio della sorella del barone e di un buono e onest’uomo del vicinato che detta signorina non volle mai sposare perché costui aveva potuto provare appena settantuno quarti di nobiltà e il resto del suo albero genealogico era andato perduto per l’ingiuria del tempo.
Il barone era uno dei più potenti signori della Vestfalia, giacché il suo castello aveva una porta e delle finestre. La sala maggiore era tappezzata di arazzi. Tutti i cani del cortile arrivavano a comporre una muta, alla bisogna; i palafrenieri era i suoi bracchieri, il pretonzolo del villaggio il suo arcivescovo personale. Costoro lo chiamavano Sua Grazia e ridevano quando raccontava delle storielle.
La baronessa che pesava all’incirca trecentocinquanta libbre (oltre 160 chili) attirava su di sé, per questo motivo, una grandissima considerazione e faceva gli onori di casa con una dignità che la rendeva ancora più rispettabile. Sua figlia Cunegonda, diciassettenne, era persona originalissima, fresca, grassa e appetitosa. Il figlio del barone sembrava essere in tutto e per tutto degno figlio di suo padre. Il precettore Pangloss era l’oracolo della casa e il giovane Candido ne seguiva le lezioni con tutta la buona fede che la sua età e il suo carattere gli conferivano […]
«È dimostrato – diceva costui – che le cose non possono essere altrimenti: giacché – essendo tutto fatto per un fine – tutto è fatto necessariamente per il fine migliore. Notate bene che i nasi sono stati fatti per portare gli occhiali, perciò abbiamo gli occhiali. Le gambe sono chiaramente stata istituite per essere calzate e abbiamo le calzature. Le pietre sono state squadrate per essere tagliate e per farne castelli perciò Sua Grazia ha un bellissimo castello: il più gran barone della provincia deve essere il meglio alloggiato ed essendo fatti i maiali per essere mangiati, mangiamo maiale tutto l’anno; di conseguenza, coloro i quali pretendono che tutto va bene hanno detto una sciocchezza; occorreva dire che tutto va per il meglio».
Candido ascoltava attentamente e vi credeva innocentemente; giacché trovava Cunegonda veramente bella, sebbene non prendesse mai l’ardire di dirglielo. Concludeva che dopo la felicità di esser nato barone di Thunder-ten-tronckh, il secondo grado di felicità fosse quello di essere Cunegonda; il terzo di vederla tutti i giorni; e il quarto, di sentire il dotto Pangloss, il più grande filosofo della provincia, e di conseguenza di tutta la terra.

 Jacqueline Spaccini © 2011 

Questa è un esempio di traduzione sourcière
nel senso che si tratta di una traduzione fedele 
al testo di origine.



Segue come si è arrivati a tale traduzione insieme con gli studenti:


Il y avait en Westphalie, dans le château de M. le baron de Thunder-ten-tronckh, un jeune garçon à qui la nature avait donné les mœurs les plus douces. Sa physionomie annonçait son âme. Il avait le jugement assez droit, avec l'esprit le plus simple ; c'est, je crois, pour cette raison qu'on le nommait Candide. Les anciens domestiques de la maison soupçonnaient qu'il était fils de la sœur de monsieur le baron et d'un bon et honnête gentilhomme du voisinage, que cette demoiselle ne voulut jamais épouser parce qu'il n'avait pu prouver que soixante et onze quartiers, et que le reste de son arbre généalogique avait été perdu par l'injure du temps.

V’era in Vestfalia, nel castello del barone[1] di Thunder-ten-tronckh, un giovincello[2] al quale la natura aveva dato i costumi più miti. La fisionomia ne annunciava l’anima. Aveva un discernimento abbastanza retto con l’animo più semplice; è – credo – per questo motivo che lo chiamavano Candido. Gli anziani domestici della casa sospettavano che fosse il figlio della sorella del barone e di un buono e onest’uomo del vicinato che detta signorina non volle mai sposare perché costui aveva potuto provare appena settantuno quarti di nobiltà e il resto del suo albero genealogico era andato perduto per l’ingiuria del tempo.

Monsieur le baron était un des plus puissants seigneurs de la Westphalie, car son château avait une porte et des fenêtres. Sa grande salle même était ornée d'une tapisserie. Tous les chiens de ses basses-cours composaient une meute dans le besoin ; ses palefreniers étaient ses piqueurs ; le vicaire du village était son grand aumônier. Ils l'appelaient tous monseigneur, et ils riaient quand il faisait des contes.

Il barone era uno dei più potenti signori della Vestfalia, giacché il suo castello aveva una porta e delle finestre. La sala maggiore era tappezzata di arazzi. Tutti i cani del cortile arrivavano a comporre una muta alla bisogna, i palafrenieri era i suoi bracchieri[3], il pretonzolo del villaggio il suo cappellano[4]. Costoro lo chiamavano sua grazia/eccellenza/monsignore[5] e ridevano quando raccontava delle storielle.

Madame la baronne, qui pesait environ trois cent cinquante livres, s'attirait par là une très grande considération, et faisait les honneurs de la maison avec une dignité qui la rendait encore plus respectable. Sa fille Cunégonde, âgée de dix-sept ans, était haute en couleur, fraîche, grasse, appétissante. Le fils du baron paraissait en tout digne de son père. Le précepteur Pangloss était l'oracle de la maison, et le petit Candide écoutait ses leçons avec toute la bonne foi de son âge et de son caractère. […]

La baronessa che pesava all’incirca trecentocinquanta libbre (oltre 160 chili) attirava su di sé per questo motivo una grandissima considerazione e faceva gli onori di casa con una dignità che la rendeva ancora più rispettabile. Sua figlia Cunegonda, diciassettenne, era pittoresca, fresca, grassa e appetitosa. Il figlio del barone sembrava essere in tutto e per tutto degno figlio di suo padre. Il precettore Pangloss era l’oracolo della casa e il piccolo Candido ne seguiva le lezioni con tutta la buona fede che la sua età e il suo carattere gli conferivano […]

« Il est démontré, disait-il, que les choses ne peuvent être autrement : car, tout étant fait pour une fin, tout est nécessairement pour la meilleure fin. Remarquez bien que les nez ont été faits pour porter des lunettes, aussi avons-nous des lunettes. Les jambes sont visiblement instituées pour être chaussées, et nous avons des chausses. Les pierres ont été formées pour être taillées, et pour en faire des châteaux, aussi monseigneur a un très beau château ; le plus grand baron de la province doit être le mieux logé ; et, les cochons étant faits pour être mangés, nous mangeons du porc toute l'année : par conséquent, ceux qui ont avancé que tout est bien ont dit une sottise ; il fallait dire que tout est au mieux[6]. »

«È dimostrato – diceva – che le cose non possono essere altrimenti : giacché essendo tutto fatto per un fine, tutto è necessariamente per il fine migliore[7]. Notate bene che i nasi sono stati fatti per portare gli occhiali, perciò abbiamo gli occhiali. Le gambe sono chiaramente stata istituite per essere calzate e abbiamo le calzature[8]. Le pietre sono state formate per essere tagliate e per farne castelli perciò sua grazia ha un bellissimo castello, il più gran barone della provincia deve essere il meglio alloggiato ed essendo fatti i maiali per essere mangiati, mangiamo maiale tutto l’anno: di conseguenza, coloro i quali pretendono che tutto va bene hanno detto una sciocchezza; occorreva dire che tutto va per il meglio».

Candide écoutait attentivement, et croyait innocemment ; car il trouvait Mlle Cunégonde extrêmement belle, quoiqu'il ne prît jamais la hardiesse de le lui dire. Il concluait qu'après le bonheur d'être né baron de Thunder-ten-tronckh, le second degré de bonheur était d'être Mlle Cunégonde ; le troisième, de la voir tous les jours ; et le quatrième, d'entendre maître[9] Pangloss, le plus grand philosophe de la province, et par conséquent de toute la terre.

Candido ascoltava attentamente e credeva innocentemente ; giacché trovava Cunegonda veramente bella, sebbene non avesse/non gli prendesse/ mai l’ardire[10] di dirglielo. Concludeva che dopo la felicità di esser nato barone di Thunder-ten-tronckh, il secondo grado di felicità fosse quello di essere Cunegonda; il terzo di vederla tutti i giorni; e il quarto, di sentire il dotto Pangloss, il più grande filosofo della provincia, e di conseguenza di tutta la terra.

Jacqueline Spaccini © 2011


Le texte original

Il y avait en Westphalie, dans le château de M. le baron de Thunder-ten-tronckh, un jeune garçon à qui la nature avait donné les mœurs les plus douces. Sa physionomie annonçait son âme. Il avait le jugement assez droit, avec l'esprit le plus simple ; c'est, je crois, pour cette raison qu'on le nommait Candide. Les anciens domestiques de la maison soupçonnaient qu'il était fils de la sœur de monsieur le baron et d'un bon et honnête gentilhomme du voisinage, que cette demoiselle ne voulut jamais épouser parce qu'il n'avait pu prouver que soixante et onze quartiers, et que le reste de son arbre généalogique avait été perdu par l'injure du temps.
Monsieur le baron était un des plus puissants seigneurs de la Westphalie, car son château avait une porte et des fenêtres. Sa grande salle même était ornée d'une tapisserie. Tous les chiens de ses basses-cours composaient une meute dans le besoin ; ses palefreniers étaient ses piqueurs ; le vicaire du village était son grand aumônier. Ils l'appelaient tous monseigneur, et ils riaient quand il faisait des contes.
Madame la baronne, qui pesait environ trois cent cinquante livres, s'attirait par là une très grande considération, et faisait les honneurs de la maison avec une dignité qui la rendait encore plus respectable. Sa fille Cunégonde, âgée de dix-sept ans, était haute en couleur, fraîche, grasse, appétissante. Le fils du baron paraissait en tout digne de son père. Le précepteur Pangloss était l'oracle de la maison, et le petit Candide écoutait ses leçons avec toute la bonne foi de son âge et de son caractère. […]
« Il est démontré, disait-il, que les choses ne peuvent être autrement : car, tout étant fait pour une fin, tout est nécessairement pour la meilleure fin. Remarquez bien que les nez ont été faits pour porter des lunettes, aussi avons-nous des lunettes. Les jambes sont visiblement instituées pour être chaussées, et nous avons des chausses. Les pierres ont été formées pour être taillées, et pour en faire des châteaux, aussi monseigneur a un très beau château ; le plus grand baron de la province doit être le mieux logé ; et, les cochons étant faits pour être mangés, nous mangeons du porc toute l'année : par conséquent, ceux qui ont avancé que tout est bien ont dit une sottise ; il fallait dire que tout est au mieux. »
Candide écoutait attentivement, et croyait innocemment ; car il trouvait Mlle Cunégonde extrêmement belle, quoiqu'il ne prît jamais la hardiesse de le lui dire. Il concluait qu'après le bonheur d'être né baron de Thunder-ten-tronckh, le second degré de bonheur était d'être Mlle Cunégonde ; le troisième, de la voir tous les jours ; et le quatrième, d'entendre maître Pangloss, le plus grand philosophe de la province, et par conséquent de toute la terre.




[1] Attenzione! se si opta per signor barone poi – per un discorso di coerenza - ci sarà la signora baronessa e [la] madamigella Cunegonda
[2] Ragazzetto (moderno); ragazzino (meno di 14 anni); giovanetto/giovinetto (XVIII-XIX secolo)
[3] Il termine bracchiere è quello specifico. Tuttavia, avevo trovato in un primo momento «addestratori di cani» e infine  *conduttori di cani da caccia* e anche *conduttori di mute*  [dal dizionario: conduttore -  è il soggetto abilitato che impartisce comandi e dirige il cane abilitato nella ricerca del selvatico oggetto di recupero
[4] Cercare una parola che renda la petitesse insita nella parola  *vicaire* (da contrapporre a *grand aumônier*), sennò l’ironia si perde. Per esempio traducendo vicaire con *pretonzolo*, *pretino* del villaggio.  Grande elemosiniere (ironico), per fare più moderno e (soprattutto) comprensibile a un lettore italiano che non sa chi sia un grande elemosiniere e anche dal punto di vista dell’ironia, si potrebbe tradurre: vescovo personale, cardinale privato.
[5] Attenzione, in genere *Monsignore* è l’appellativo con il quale ci si rivolge a un (arci)vescovo. (Eminenza, se si tratta di un cardinale)
[6] Tradurre come se ci fosse scritto: *va* (anche prima) seguito da *per*
[7] Traduzione alternativa: «È dimostrato - diceva  - che le cose non possono essere in altro modo: perché siccome tutto è creato per un fine, tutto è necessariamente per il migliore dei fini».
[8] Il (falso) problema di *chausses*: *chausses* dovrebbe esser tradotto *calzamaglia* (ma allora vorrebbe dire che siamo tra il Medioevo e il '500); meglio *calze* (stando al fatto che Candide dovrebbe esser situato nella seconda metà del '700, all'epoca del terremoto di Lisbona; cfr. immagini di questo video) e poi si riferisce alle gambe. *Brache*, a rigore, no, giacché sono la parte superiore, quella con i lacci, quella esclusivamente al di sopra del ginocchio (poi nel tempo estesa fino al calcagno, donde i pantaloni). Comunque, si può tradurre anche più modernamente: calzoni, pantaloni. Per estensione, qui, calzature (e per non scioccare il lettore italiano del XXI secolo!).
[9] Precettore quando c’è la parola précepteur. Ma quando c’è maître che cosa scegliere tra: *maestro*, *mastro*, *professor* o addirittura  *signor* [Pangloss]? Io ho optato per un’altra parola ancora (*dotto*). Se maître designa l’avvocato o il notaio, si dirà (l’) avvocato [+ cognome], (il) notaio [+ cognome]. Es. Buongiorno, avvocato Dufour; l’avvocato Dufour difenderà l’uomo sospettato di aver ucciso…
[10] Anche : la libertà, la licenza

Traduzione dell'incipit di HIER di Ágota Kristóf




Ieri 
Ieri, soffiava un vento conosciuto. Un vento che avevo già incontrato. La primavera era precoce. Camminavo nel vento con passo deciso, svelto, come ogni mattina. Avevo però voglia di ritrovare il mio letto e di rimanerci dentro fino a quando non avessi sentito avvicinarsi quella cosa che non è voce né gusto né odore, solo un ricordo vaghissimo, venuto da oltre i confini della memoria. Lentamente, s'è aperta la porta e le mie mani penzolanti hanno avvertito con terrore i peli serici e dolci della tigre.

 - Musica, disse. Suona qualcosa! Al violino o al piano. Al piano, magari, ma suona!  

- Non lo so fare, dissi. Non ho mai suonato il piano in vita mia, non ho un piano, non ne ho mai avuti.

- In tutta la tua vita? Che sciocchezze! Vai alla finestra e suona!

Davanti alla finestra, c'era una foresta. Ho visto gli uccelli riunirsi sui rami per ascoltare la mia musica. Ho visto gli uccelli. Le testoline piegate e gli occhietti fissi che guardavano da qualche parte attraverso me. 

La musica si faceva sempre più forte. Diventava insopportabile. Un uccello morto cadeva da un ramo. La musica si è fermata.

Mi sono voltato.

Seduta in mezzo alla stanza, la tigre sorrideva.

- Per oggi basta così, disse. Dovresti esercitarti più spesso (*).

La traduzione è mia, non conosco quella italiana. 
Ho arbitrariamente modificato il vous francese traducendolo con il tu (invece che con il Lei di cortesia). Perché ritengo che la tigre in italiano dia del tu al narratore (autodiegetico).
L'avrete capito. Il protagonista sogna. Anzi, poverino, soffre di incubi notturni. All'inizio mi ha dato proprio fastidio questo suo francese (che voi leggete qui tradotto in italiano, ma in nota troverete la versione originale), a mezza strada tra Prévert e Camus.
Un francese a metà, che non mi sembrava volutamente elementare, bensì necessariamente e -  con ciò stesso - eccessivamente rigido, inibito, segreto.
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Testo originale:
(*) Hier, il soufflait un vent connu. Un vent que j'avais déjà rencontré. C'était un printemps précoce. Je marchais dans le vent d'un pas décidé, rapide, comme tous les matins. Pourtant, j'avais envie de retrouver mon lit et de m'y coucher, immobile, sans pensées, sans désirs, et d'y rester couché jusqu'au moment où je sentirais approcher cette chose qui n'est ni voix, ni goût, ni odeur, seulement un souvenir très vague, venu d'au-delà des limites de la mémoire. Lentement, la porte s'est ouverte et mes mains pendantes ont senti avec effroi les poils soyeux et doux du tigre. 
- De la musique, dit-il. Jouez quelque chose ! Au violon ou au piano. Au piano, plutôt. Jouez ! 
- Je ne sais pas, dis-je. Je n'ai jamais joué de piano de toute ma vie, je n'ai pas de piano, je n'en ai jamais eu.
- De toute votre vie ? Quelle sottise ! Allez à la fenêtre et jouez !
En face de ma fenêtre, il y avait une forêt. J'ai vu les oiseaux se rassembler sur les branches pour écouter ma musique. J'ai vu les oiseaux. Leur petite tête penchée et leurs yeux fixes qui regardaient quelque part à travers moi.
Ma musique se faisait de plus en plus forte. Elle devenait insupportable.
Un oiseau mort est tombé d'une branche.
La musique a cessé.
Je me suis retourné.
Assis au milieu de la chambre, le tigre souriait.
- Cela suffit pour aujourd'hui, dit-il. Vous devriez vous exercer plus souvent.