Il processo di Jean-Marie Le Pen
di Mathieu Lindon
Quando si apre, sono già parecchi mesi che il
processo Blistier viene chiamato “il processo di Jean-Marie Le Pen”. Sono i
gruppi antirazzisti che per primi l’hanno ribattezzato così e, sull’onda
dell’indignazione generale, la formula è stata adottata da stampa e televisione. Il presidente del Fronte
Nazionale non è forse responsabile dell’assassinio compiuto da un militante, un
adolescente, infiammato dai suoi discorsi? Non deve forse essere convocato in
tribunale, almeno in qualità di testimone?
L’avv.
Pierre Mine si trova coinvolto nel caso. Un giovane di sinistra dalla vita
personale molto personale. Difende Ronald Blistier, l’omicida, e non ha saputo
spiegare perché, snocciolando ai giornalisti due o tre frasi passe-partout sul
diritto di ciascuno a un processo leale. Ha rifiutato ogni intervista, sul fascicolo
degli atti processuali e su se stesso. Figlio di avvocati ebrei, Mine ha i
capelli lunghi, è elegante, ha trent’anni. Ronald Blistier, il suo cliente, ha
il cranio rasato, l’aspetto rozzo e impacciato, l’identikit di un militante del
Fronte nazionale come si vede nelle caricature. All’epoca dei fatti, era
maggiorenne da pochi mesi. Oggi ha vent’anni. Non attira nessuna simpatia.
L’avv. Charles Loups, un nome accreditato, e il suo collaboratore, Xavier
Rastaing, preferiscono quanto a loro difendere gli interessi dei genitori della
vittima, gratuitamente. Lionel Limassol è il prestigioso sostituto procuratore
generale.
“Hadi,
il tuo assassino non rimarrà impunito”, “Hadi, il tuo assassino è Jean-Marie”:
i manifestanti sfilano gridando davanti al Palazzo di Giustizia quando ha
inizio il processo con la speranza che
alla fine la società si organizzi, che sull’assassino apertamente razzista, si
abbatta una condanna esemplare. Con la sua morte, Hadi Benfartouk è diventato
il simbolo di tutti quei giovani, quegli esseri, per i quali il colore della
pelle è un handicap fatale. Uno slogan ironicamente xenofobo di certi
manifestanti è: “Le PEN in Bretagna e la Bretagna indiPENdente”. Opinione vuole
che se il processo può ammutolire – foss’anche per un attimo – quelli che dei
loro sentimenti più bassi fanno uno stendardo, nessuno potrà contestarne
l’utilità.
Nella sala
udienze, la Presidente Rontmartin ricorda i fatti, minacciando di sospendere
l’udienza quando la disapprovazione del pubblico diventa troppo evidente. Ma i
media hanno istruito gli antirazzisti, i quali si preoccupano di non “fare il
gioco del Fronte nazionale”. La serenità dei sostenitori del giovane Arabo, la
fiducia, perlomeno dissimulata, che ripongono nella giustizia del loro
paese sono i mezzi migliori per
raggiungere i loro scopi, vale a dire il verdetto più severo nei confronti di
Ronald Blistier e la chiamata in causa
del suo capo emblematico. Il tribunale fungerà anche da tribuna. Qualche simpatizzante
dell’assassino è presente in sala, il mento incassato nel collo. I legali della
parte civile hanno annunciato che richiederanno la comparizione di Jean-Marie
Le Pen.
E’ il
caso più grosso al quale l’avv. Pierre Mine è confrontato, dacché fa questo
mestiere. E’ anzi sulla ribalta: se Jean-Marie Le Pen non sarà interpellato, la
scipitezza dell’omicida rischia di fare del difensore il solo nemico
all’altezza per coloro che sostengono nella prova la famiglia di Hadi
Benfartouk. Il ragazzino aveva quattordici anni quando Ronald Blistier gli tirò
addosso come a un coniglio, con la carabina, in piena Parigi. Erano le nove di
sera, Blistier e un amico stavano incollando manifesti per il Fronte nazionale,
hanno cominciato a prendersela con un Arabo che passava, il ragazzo s’è dato
alla fuga, mettendosi a correre, l’assassino l’ha ucciso, come per gioco.
Quelli che incollavano manifesti hanno provato a svignarsela, ma i passanti li
hanno trattenuti, chiamato i soccorsi, la polizia, ma Hadi era morto sul colpo.
L’emozione era stata notevole, e ancora oggi, quando la Presidente Rontmartin illustra il
corso degli eventi, la sala manifesta. Fin dal fermo, Blistier ha riconosciuto i fatti ed è stato incarcerato. Per spiegare
il suo gesto, disse che gli Arabi non gli piacciono, che starebbero tutti meglio
se tornassero a casa loro. Hadi Benfartouk era nato in Francia da genitori
francesi.
Fuori,
l’atmosfera è meno formale. Circola persino una specie di allegria tra i
manifestanti, nello stare tutti insieme, con pieno diritto, in simbiosi morale.
Per loro, Ronald Blistier non è abbastanza come assassino, combattere
efficacemente Le Pen è richiedere ch’egli venga ufficialmente tirato in ballo
nel caso, mostrare che non si tratta del presidente di un partito politico,
bensì del capo di una banda di sicari: persino Al Capone avrebbe avuto i suoi
elettori. E’ bel tempo, fa un po’ fresco, stanno bene tra di loro. Simili
raduni sono stati incoraggiati dai genitori di Hadi Benfartouk. Spinti dalle
domande sull’eventuale atteggiamento dell’avv. Mine, hanno sperato che la
difesa non facesse ostruzione al pieno chiarimento del caso. Per Mine, è come
se gli si chiedesse di non fare ostruzione alla
piena condanna del suo cliente, giacché il caso non sembra nascondere nulla
di segreto sul quale far luce, e persino il Fronte nazionale non ha mai
richiesto che la legge che punisce l’omicidio venga emendata in funzione della
razza delle vittime.
– Gli Arabi non mi piacciono. Ci rubano il lavoro.
Non ho avuto un’infanzia felice, dice Ronald Blistier quando la presidente
Rontmartin gli rivolge la parola, gettando Mine nello sconforto, tanto un
avvocato preferirebbe difendere cento assassini piuttosto che un imbecille. I
Neri non sono meglio, eppure non ne ho mai ammazzato uno, aggiunge Ronald
Blistier per mostrare che tuttavia non c’è rapporto alcuno tra il delitto
compiuto e il suo razzismo. Sì, sono razzista – dice – ma non vado mai
all’estero, se gli stranieri non venissero a casa nostra, non avrebbero mai a
patire da me.
Mine lo fa tacere, non senza
sforzo, ma Blistier ha fiducia nel suo avvocato: non glielo hanno scelto per
caso.
(da: Le procès de Jean-Marie Le Pen
di Mathieu Lindon, P.O.L., 1998)
traduzione dal
francese di Jacqueline Spaccini
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