venerdì 3 settembre 2010

I TRADUTTORI… TRADOTTI/1


Inizia qui una serie di interviste ai traduttori. Il titolo della serie gioca sul secondo significato di tradotti. Quante volte avete letto: «venne arrestato e tradotto in catene innanzi al giudice»?

Tradotto, cioè condotto (le mie catene sono di gommapiuma). 

E in effetti il traduttore conduce il significato (ma non solo) di un testo da una lingua all'altra. In Francia, c'è il vezzo di definirsi passeur, cioè traghettatore.

Ma un traduttore, a mio modo di vedere, è molto di più.

 
Inizio dunque dalla squisita Sandra Biondo, di cui allego foto qui accanto.





 
COGNOME Biondo

NOME Sandra

LINGUA/E Portoghese e Italiano

LUOGO Bologna, Italia

D -. Perché il traduttore?

R. E perché no? :-)

Le mie competenze linguistiche e "culturali" (conoscenza approfondita del Brasile, per averci vissuto molti anni) mi hanno portata quasi casualmente su questa strada.

D. Mestiere o professione, artigianato o arte?

R. Professione e Artigianato. Professione perché ci vogliono competenze e talenti decisamente di profilo medio-alto/alto. Ma artigianato, perché si tratta di un lavoro "a creatività limitata": si riscrive l'opera di altri e il più delle volte si traduce quello che ci commissionano gli altri e non quello che si desidererebbe tradurre in base alle proprie aspirazioni.

D. – Sempre interessante, come mestiere/professione/altro?

R. Sì, anche se il mercato è tiranno e spesso è demotivante.

D. – Metodo di lavoro?

R. Non leggo mai il libro prima di tradurlo. Prima fase di lavoro velocissima, di getto: io la chiamo "trascrizione in italiano del testo". Seconda fase, la traduzione vera e propria a partire da quella prima trascrizione: è quando il libro prende la sua forma quasi definitiva, i periodi vengono riscritti in un italiano sintatticamente più corretto, vengono rimossi i calchi, vengono fatte le scelte di stile, si arricchisce il lessico. Terza fase, dopo almeno una settimana in cui lascio il testo in assoluta decantazione (senza aprire il file nemmeno una volta), che chiamo "do pente fino" (in portoghese, del pettine a denti stretti): la "pettinatura" finale, la rilettura a mente sgombra, le piccole rifiniture e lo scioglimento dei nodi che il contatto costante con il testo non permetteva di risolvere. Se il libro è molto "importante" o particolarmente difficile o delicato, aggiungo un'ulteriore rilettura (fino a ora l'ho fatto solo con tre libri). Infine, passaggio lentissimo al correttore ortografico di Word, con un'attenzione certosina, per togliere eventuali refusi. E il file può essere spedito. Puntualmente, entro la data di consegna stabilita dal contratto.

D. - Il tuo stile

R. Non credo di averne uno.

D. – Giornata-tipo

R. Quando traduco (non firmo un contratto da più di 3 anni), dedico la prima parte della mattinata a cose diverse dalla traduzione tipo le faccende domestiche, la risposta alle mail, la spesa. Inizio a lavorare verso le 10-10,30. Pausa alle 13 per il pranzo. Ripresa non prima delle 15 e poi via, sessione unica fino alle 20. Rendo molto di più al pomeriggio perché mi concentro meglio, a volte posso proseguire fino alle 21, specialmente se mi sono data una meta giornaliera e vedo che con un'oretta di lavoro in più la posso raggiungere. Non lavoro praticamente mai dopo cena (mi sarà successo una dozzina di volte in 7 anni) e prendo un giorno intero di riposo alla settimana che d'estate non coincide quasi mai con la domenica.

D. – Rapporto con l'autore tradotto

R. se vivente e raggiungibile, rapporti ottimi. Mi è successo con tre autori fino a questo momento, ho sempre trovato grande disponibilità da parte loro. Confesso senza falsa modestia che la mia assoluta fluenza in portoghese scritto facilita le cose, in genere mi chiedono se sono brasiliana e come mai traduco verso l'italiano. Si crea immediatamente una forte empatia.

D. cibliste ou sourcier/ère (ma anche sorcier/sorcière)?

R. non so cosa significhi cibliste...

D. Qual è il sale/pepe che ti rende unico come traduttore?

R. la conoscenza approfondita e "incarnata" della cultura brasiliana

D. Una gioia

R. essere diventata la referente in Italia della fondazione che detiene i diritti di un importante autore brasiliano che ho tradotto

D. Una delusione

R. quando un editore si è "dimenticato" di indicare il mio nome come traduttrice e curatrice di un'opera (con successiva lettera dell'avvocato e vittoria in via stragiudiziale con cospicuo risarcimento danni)

D. pensiero libero qui (ricaverò la domanda da quel che scrivi)

R.


 

mercoledì 7 luglio 2010

La canzone di Marinella in versione francese

1) Sia data la Canzone di Marinella di Fabrizio De André:

 Versione italiana:

Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra a una stella

sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno di un amore
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla sua porta

bianco come la luna il suo cappello
come l'amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue un aquilone

e c'era il sole e avevi gli occhi belli
lui ti baciò le labbra ed i capelli
c'era la luna e avevi gli occhi stanchi
lui pose la mano sui tuoi fianchi

furono baci furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle

dicono poi che mentre ritornavi
nel fiume chissà come scivolavi
e lui che non ti volle creder morta
bussò cent'anni ancora alla tua porta

questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno, come le rose

e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno come le rose.

la canzone la si può ascoltare qui

2) Sia data la Romance de Marinella cantata da Roberto Ferri.

(non ho trovato le parole sul web, trascrivo io)

Versione francese:

Ça, c'est de Marinelle la romance
qui dans le fleuve un jour perdit sa chance
mais le vent la voyant être si belle,
du fleuve il l'amena sur une étoile.

Seule, sans le souvenir d'une souffrance,
d'un amour tu vivais sans espérance
mais un roi sans sa couronne et sans escorte
frappa un jour trois fois contre ta porte.

Comme la lune blanc était son grand chapeau
comme l'amour rouge était son grand manteau
tu le suivis pourtant sans aucune raison
comme un enfant qui suit naïvement un cerf-volant.

'y avait du soleil et quels beaux yeux t'avais
il te baisa les lèvres et tes cheveux soyeux
'y avait la lune t'avais les yeux d'l'enfance
il posa ses mains si grandes sur tes hanches

C'était des baisers et c'était des sourires complices
puis c'etait seulement l'odeur des fleurs de lys
qui te virent avec les beaux yeux des étoiles
frémir et palpiter comme une cigale

On dit que pendant que de là tu revenais
dans le fleuve qui sait comment tu y glissais
et lui qui ne voulut te croire morte
frappa cent ans encore, frappa à ta porte.

Ça c'est ca, Marinelle, ta romance
toi qui as volé sur une étoile errante
et comme toutes les plus belles choses
tu as vécu un seul jour comme les roses (2).

(la traduzione-adattamento è dello stesso Roberto Ferri, di cui non so molto)

VIDEO:


3) E veniamo alle riflessioni.
Il testo di De André è - mi pare - in versi endecasillabi (vedo qua e là dei dodecasillabi) a rima AA-BB, CC-DD, classica rima baciata.

Che cosa fa, Ferri?
Anche la sua rima è quasi sempre AA-BB, CC-DD (tranne all'inizio, quando la rima AA si ripete nella seconda quartina). Baciata, insomma. La lunghezza dei versi  è variabile, ma mi pare che cerchi di ripetere l'endecasillabo italiano, a sfavore dell'alessandrino che è verso francese per eccellenza.


Bravo, molto bravo nell'aver sostituito *pelle* con  *cigale* [= cicala] (apparentemente un tradimento, ma la resa poetica è intatta grazie alla presenza del verbo *frémir*).
La rima di *raison* con *cerf-volant* sarebbe in realtà solo visiva, ma grazie alla presenza di *enfant* all'interno dello stesso verso, rafforzato da (un pesantuccio a dire il vero) *naïvement*, il gioco è fatto.
Meno riuscita la rima *enfance* - *hanche*, piuttosto una assonanza, direi.
Ingegnosa la zeppa di *complices* per permettere la rima con *fleurs de lys* (italiano: sorrisi/fiordalisi).
La non-rima *romance* *errante* dell'ultima quartina, passa in cavalleria grazie alla nasalizzazione presente in entrambe le parole.

Conclusione: je vous tire mon chapeau, M. Ferri ! 

 P.S. Grazie, Julien, per aver riascoltato la canzone per me.


N.B. Potenza del Net. Ricevo un messaggio gradevolissimo dalla parte dello stesso Ferri, che ha avuto la gentilezza di scrivermi quanto segue:

Grazie per il suo commento
Alla mia traduzione “La Romance de Marinelle”

Grand merci de votre commentaire à ma traduction

Roberto Ferri

www.robertoferri.it

C'est moi qui vous remercie, M. Ferri.

mercoledì 30 giugno 2010

Il nostro eroe è un maiale

Sì, sì, un maiale, porco, verro, cochon. Un suino, insomma.
Non dico altro.

Metto l'incipit originale:

Je suis seul maintenant et tout laisse à penser qu'il en ira ainsi jusqu'à la fin. Laquelle ne saurait tarder, je le sens. Mais je ne m'en plains pas. D'ailleurs, quel motif aurais-je de me plaindre ? Pour peu enviable qu'il m'apparaisse, mon sort est-il des moins partagé ? Je dois bien l'avouer, les comparaisons dans ce domaine ont toujours tourné à ma confusion. Et j'en connais quelques-uns - et jusque chez les humains - qui s'accommoderaient fort de ma situation.
L'endroit que j'occupe suffit à mes besoins comme à la satisfaction de mes désirs. Je ne saurais dire si la longueur du local l'emporte sur sa largeur, ou vice versa. Mais il me plaît d'imaginer que la largeur ne le cède en rien à la longueur. Je ne sais pourquoi, l'idée d'exercer ma liberté à l'intérieur d'un carré m'est d'un précieux réconfort.
 Soit donc un carré de deux mètres de côté environ. Soit, en d'autres termes, un carré de quatre mètres carrés (environ). Surface non corrigée s'entend, c'est-à-dire non amputée de la surface de l'auge.

e di seguito la mia traduzione:
Sono solo adesso e tutto lascia ritenere che così sarà fino alla fine. La quale non dovrebbe tardare, lo sento. Ma non mi lamento. D'altronde, che motivo avrei di lamentarmi? Per poco invidiabile che possa apparirmi, il mio destino è forse dei meno condivisi? Lo debbo confessare, i paragoni in questo campo hanno sempre contribuito ad accrescere la mia confusione. E ne conosco alcuni - e persino presso gli umani - che facilmente accetterebbero la mia situazione.
Il posto che occupo basta ai miei bisogni come alla soddisfazione dei miei desideri. Non saprei dire se la lunghezza del locale abbia la meglio sulla larghezza o viceversa. Mi piace però immaginare che la larghezza nulla conceda alla lunghezza. Non so perché, ma l'idea di esercitare la mia libertà all'interno di un quadrato mi è preziosamente confortevole.
Sia dato dunque un quadrato di circa due metri di lato. Sia dato, in altri termini, un quadrato di (circa) quattro metri quadri. Superficie non corretta s'intende, cioè non amputata della superficie occupata dal trogolo.  

Compiti del traduttore:

1. Leggere tutto il testo
2. Prendere nota se arriva subito la parola giusta o la tournure, l'espressione, migliore in mente durante la lettura. Le parole a volta corrono dalla mente alle labbra così in fretta che se non le si ferma non ripassano più.
3. Documentarsi (triste cosa, ve ne accorgerete) sui termini legati alla vita quotidiana di un maiale nonché alla sua morte (come in questo caso).
4. Mantenere lo stile dell'autore. In questo caso, sempre più alto e razionale a far da contrasto al soggetto che enuncia le considerazioni (evocherà anche Kant), cioè un porco.

L'autore è morto suicida. Lo propongo in traduzione.

lunedì 28 giugno 2010

Com'è difficile (per me) tradurre una poesia di Louis Aragon

Tradurre poesie dal francese all'italiano e viceversa, rischia sempre di rivelarsi una fatica improba, quanto inutile. Penso a Baudelaire e per quante traduzioni delle sue magnifiche Fleurs du Mal abbia letto, non ve n'è alcuna che (mi) soddisfi. 
Il traduttore c'entra poco o niente, Baudelaire non è traducibile come vorremmo. Lo stesso dicasi per Leopardi: quello che ritrovo francesizzato è orripilante, davvero. Un poeta minore, si direbbe. 
Il fatto è che le nostre lingue (ognuna definisce l'altra, vicendevolmente, transalpina) si assomigliano nei significati  quanto differiscono nelle sonorità.
Il risultato fedele è come stonato (cosa che non accade tra italiano e spagnolo, ove la musicalità delle due lingue è sempre salva). 
Sì, stonato. Ne vien fuori un compitino, la poesiola di un ragazzino delle medie. Nemmeno a tentar di mettere la cosa in rima (come è la lirica nella versione originale). Macché, non serve.
E per quanto mi riguarda, stavolta non posso proprio farci niente. 


Eccone un esempio, la poesia di Louis Aragon, Il n'y a pas d'amour heureux (1943), messa in musica* (e perciò celeberrima) da Georges Brassens, cantata da Léo Ferré e poi da Barbara, Françoise Hardy e tanti altri.

Versione originale
Rien n'est jamais acquis à l'homme Ni sa force
Ni sa faiblesse ni son coeur Et quand il croit
Ouvrir ses bras son ombre est celle d'une croix
Et quand il croit serrer son bonheur il le broie
Sa vie est un étrange et douloureux divorce
          Il n'y a pas d'amour heureux
Sa vie Elle ressemble à ces soldats sans armes
Qu'on avait habillés pour un autre destin
A quoi peut leur servir de se lever matin
Eux qu'on retrouve au soir désoeuvrés incertains
Dites ces mots Ma vie Et retenez vos larmes
          Il n'y a pas d'amour heureux
Mon bel amour mon cher amour ma déchirure
Je te porte dans moi comme un oiseau blessé
Et ceux-là sans savoir nous regardent passer
Répétant après moi les mots que j'ai tressés
Et qui pour tes grands yeux tout aussitôt moururent
          Il n'y a pas d'amour heureux
Le temps d'apprendre à vivre il est déjà trop tard
Que pleurent dans la nuit nos coeurs à l'unisson
Ce qu'il faut de malheur pour la moindre chanson
Ce qu'il faut de regrets pour payer un frisson
Ce qu'il faut de sanglots pour un air de guitare
          Il n'y a pas d'amour heureux
Il n'y a pas d'amour qui ne soit à douleur
Il n'y a pas d'amour dont on ne soit meurtri
Il n'y a pas d'amour dont on ne soit flétri
Et pas plus que de toi l'amour de la patrie
Il n'y a pas d'amour qui ne vive de pleurs
          Il n'y a pas d'amour heureux
          Mais c'est notre amour à tous les deux
Louis Aragon (La Diane Francaise, Seghers 1944)


Mia versione

Nulla è mai acquisito per l'uomo Né forza
né debolezza e neppure il suo cuore Quando crede
di aprire le braccia, l'ombra si profila di una croce
E quando crede di avere in pugno la felicità, la tritura
La sua vita è uno strano e doloroso divorzio
non c'è felice amor
La sua vita assomiglia a quei soldati senz'armi
per altro destino bardati
a cosa mai può loro servir di alzarzi presto al mattino
se poi li ritroviamo a sera sfaccendati indecisi
dite queste parole la vita mia e trattenete le lacrime 
non c'è felice amor
Mio bell'amore mio caro amore mia piaga
Ti porto dentro di me come un uccello ferito
E quelli senza sapere ci guardano passare
ripetendo dietro di me le parole che intrecciai
e che per i tuoi occhioni subito morirono 
non c'è felice amor
Il tempo di imparare a vivere ed è  troppo tardi
che già piangono nella notte i nostri cuori all'unisono
quanta infelicità per una canzonetta
quanti rimpianti per pagarsi un brivido
quanti pianti per un'aria di chitarra
non c'è felice amor
non esiste amore che non sia destinato al dolore
non esiste amore  che non ci abbia feriti
non esiste amore che non ci abbia spiegazzati
e al pari dell'amor di patria
non esiste amore che non viva di lacrime
non c'è felice amor
ma c'è l'amore nostro, di noi due



tratta da : Louis Aragon, La Diane Française (Paris, Seghers, 1944)

Mi piace la traduzione di Marco Costanzo (clicca qui)

Françoise Hardy canta la poesia di Louis Aragon
 
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* Ho scritto «messa in musica» invece di  «musicata».

A me la traduzione delle poesie in forma di parafrasi non piace

Fatta subito la dichiarazone - par acquit de conscience - , passo a dire quel che voglio dire.

Quel che dico nel titolo di questo post mi pare evidente:

  • se la poesia da tradurre è versificata (rime e versi - chessò, deca o dodecasillabi, se francesi) non mi basta restituire il senso. Voglio dare anche il ritmo. Lo so, lo so: non sarà mai (o assai difficilmente) il ritmo della lirica di origine (non ci riesco neppure quando mi autotraduco), ma mi pare una bella cosa dare un ritmo, una dinamicità poetica anche nella lingua d'arrivo; 

  • se la poesia da tradurre è a versi liberi, a che mi serve la parafrasi?

Per rendere tutto più chiaro, prendo qui un poema (niente di eccezionale, anche se il risultato sarà minore non offenderò la Poesia) francese di Anna de Noailles. Dopodiché:

  1. metto la lirica nella versione originale 
  2. metto una parafrasi della poesia in italiano
  3. metto una mia proposta di traduzione in rima (non rispetto però la lunghezza dei versi) in italiano

 

1. Un coeur lent et sans colère

(Poème d'amour)

J'ai travesti, pour te complaire,
Ma véhémence et mon émoi
En un c
œur lent et sans colère.

Mais ce qui m'importe le plus
Depuis l'instant où tu m'as plu,
C'est d'être un jour lasse de toi !

- Je perds mon appui et mon aide,
Tant tu me hantes et m'obsèdes
Et me deviens essentiel !

Je ne vois la vie et le ciel
Qu'à travers le vitrail léger
Qu'est ton nuage passager.

- Je souffre, et mon esprit me blâme,
Je hais ce harassant désir !
Car il est naturel à l'âme
De vivre seule et d'en jouir...

RIMA: ABA CCB DDE EFF GHGH



2. Un cuore lento e senza collera (parafrasi)

Ho camuffato per compiacerti
Veemenza e furia
In un cuore lento e senza collera
Ma quel che per me più conta
Dall’istante in cui mi sei piaciuto
È d’esser stanca di te un giorno!
Perdo sostegno e aiuto
Per quanto mi assilli e mi ossessioni
E diventi  essenziale
Vedo la vita e il cielo
Solo attraverso la vetrata leggera
Che è la tua nuvola passeggera.
Soffro e la mente mi rimprovera
Odio questo sfibrante desiderio!
Poiché è proprio dell’anima
Viver sola e rallegrarsene.


3. Un cuore lento e senza fiato (traduzione rimata)

Per compiacerti ho trasformato   A
Impeto e movimento    B
In un cuore lento e senza fiato   A

Ma quel che per me più conta   C
Dacché mi piacesti è l’esser pronta   C
A stancarmi di te un bel momento   B

Perdo soccorsi e speroni   D
Per quanto mi assilli e mi ossessioni   D
E diventi  mio fondamento     E
Vedo la vita e il firmamento E
Solo attraverso la vetrata leggera   F
Che è la tua nuvola passeggera.   F

Soffro e la mente mi biasima   G
Odio cotal sfibrante desiderio!  H
Poiché è proprio dell’anima   G
Viver sola e goderne sul serio.  H

RIMA: ABA CCB DDE EFF GHGH

Jacqueline Spaccini

P.S. Ora si tratterebbe di stabilire qual è - delle due - la miglior forma. Moi, j'ai pris mon parti.


Lettera a una traduttrice in fieri



Questo messaggio, inviato a una ex-studentessa dopo una sua prima traduzione da professionista, lo rivolgo idealmente a tutti coloro che "da grandi" vogliano fare i traduttori.




C
ara T****,

Non ricordo se tu fossi presente al discorsetto che faccio ogni anno al corso di traduzione. Se sì, ti tocca risentirlo (cioè, leggerlo ora).
Due sono i modi di affrontare la traduzione, tre i risultati.

Il primo modo (piano A) privilegia la langue cible, la lingua d'arrivo. Privilegia il lettore, che non avrà mai l'impressione di leggere un testo tradotto. Io la chiamo la strategia dell'autostrada a 180 orari.

Il secondo modo (piano B) privilegia la langue source (o sourcière - come va di moda dire oggi - e non a caso si crea la paronimia: sourcière-sorcière). Il lettore sentirà che c'è un'asperità nel testo, che qualcosa non torna, avverte sempre una fragranza straniera. Io la chiamo la strategia della cunetta o dosso.

Ma ho scritto che i risultati sono tre. Perché nella realtà è assai difficile mettere a punto una sola delle due strategie, seguire una sola delle due strade.

Il traduttore accorto (avisé), si rende infatti ben presto conto che se attua solo il piano A, la lingua di origine sarà depauperata, un po' appiattita, banalizzata; se attua solo il piano B ne uscirà un italiano desueto e a tratti ostico, comunque non un bell'italiano. Sicché il povero onesto traduttore cerca di arrabbattarsi e prende un po' di qua e un po' di là, cercando di non tradire troppo, impegnandosi a restituire nella sua lingua quell'altra, di lingua.

Nel corso del terzo anno, faccio sempre fare una traduzione a contario: per esempio, prendo un brano di Tabucchi tradotto in francese e lo faccio ri-tradurre in italiano. Poi faccio mettere a confronto il migliore risultato con l'originale. Quanto più si assomigliano, tanto più bravo sarà stato il traduttore francese (e se - nel caso di Tabucchi - è lo svizzero Bernard Comment, è bravissimo).

Tutta questa lunga premessa per dirti - dopo aver letta questa tua prima prova - che, a pelle, io sono un traduttore da cunetta (o dosso) e tu da autostrada.

E ora in bocca al lupo per quella che forse sarà la tua carriera. È quel che ti auguro.

La tua (ex-) prof.

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